I Catari e gli Angiò
Roccavione fu nidus hereticorum quando Crociati e Inquisitori, nel XIII secolo, cacciarono catari e valdesi dalle terre della Linguadoca. Secondo alcuni studiosi, fu addirittura una culla dell’eresia albigese: di qui sarebbe partito Marcus, primo vescovo della chiesa catara italiana. Dice Anselmo d’Alessandria: ad Rocavien, et est locus apud Cuneum, ubi stabant cathari qui venerant de Francia ad habitandum (a Roccavione, luogo presso Cuneo, in cui si stabilirono catari venuti dalla Francia). Da queste vicende deriva il soprannome dato ai roccavionesi dai paesi limitrofi, taru, ovvero catari. Del periodo angioino restano tracce nella toponomastica: presso il Bec Berciassa si apre il cosiddetto garb d'la Reina Jana, profonda spaccatura della roccia legata alla leggendaria figura della regina Giovanna I d'Angiò. Qui, al contrario della vicina valle Stura, dove la Reina Jana è ricordata come dama benevola protettrice del suo popolo, Giovanna incarna l’essere demoniaco delle leggende medievali: si racconta che in viaggio da Napoli verso la Provenza, la regina si stabilì al Bec d’Arnostia di cui apprezzava il buon clima. Di lì a poco venne una pestilenza, interpretata dagli abitanti del luogo come un castigo divino per la presenza della peccatrice. Il popolo pregò Giovanna di andarsene. La regina acconsentì, ma in cambio pretese un paio di scarpe e fu allora che si scoprì il suo terribile segreto. La regina aveva piedi di gallina perchè era una strega.