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La certosa di Santa Maria

Nel momento in cui Chiusa si accinge a costituirsi in libero comune, nel 1173 i signori di Morozzo concedono a i seguaci di san Brunone il permesso di erigere un monastero certosino in alta valle Pesio, un’area inospitale, frequentata da animali feroci come lupi e orsi, contesa dalle comunità confinanti.

Nel corso di sette secoli, i certosini diffondono sul Piemonte meridionale non solo un raggio di spiritualità e di cultura, ma gettano le fondamenta di grange e gias di montagna gestendo con oculatezza pascoli e foreste, impiantano pregiate qualità di castagni in collina, acquisiscono un impero fondiario nella pianura cuneese dove perfezionano le tecniche agrarie, dedicano cospicui investimenti allo sviluppo di svariate attività artigianali sfruttando corsi d’acqua e canali artificiali.

La donazione ed il progressivo incremento economico dell’ente religioso scatenano però la rabbia e la violenza dei chiusani, avvezzi ad utilizzare in formula comunitaria foreste, pascoli e corsi d’acqua di quota, e incapaci di contrastare le tecniche di produzione e l’iniziativa commerciale dei certosini, favoriti peraltro da protezioni e guarentigie religiose e civili.

Nel Seicento si assiste ad una radicale ristrutturazione e riplasmazione del complesso certosino per opera dell’architetto fossanese Giovenale Boetto e di valenti pittori come il Claret.

In seguito alla soppressione dell’ordine per ordine di Napoleone, nei primi decenni dell’Ottocento la certosa si trasforma in un rinomato albergo idroterapico. Cessata l’attività, nel 1934 il complesso passa nelle mani dei missionari della Consolata, attuali proprietari, che ne fanno un vivace centro di spiritualità, riportandolo così alle antiche origini. Per le sue peculiarità vegetative e artistiche, nel 1978 l’alta valle è stata inserita in un Parco Naturale, meta invernale ed estiva di escursionisti, sportivi e turisti (cfr. Caranti, Moccagatta e pubblicazioni del Parco).


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