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La Sepoltura

Fino a non molto tempo fa nella chiesa di Valgea si poteva ancora ammirare un crocifisso in legno di notevole fattura, risalente alla seconda metà del settecento.

I confratelli l’avevano fatto scolpire da un valente artigiano per poterlo esporre il venerdì santo di ogni anno alla venerazione dei fedeli: la dolente figura del Cristo con le braccia snodabili, veniva staccata dalla croce per essere composta in un sudario.

La funzione, particolarmente suggestiva, era seguita da una gran folla di bovesani che sostavano in preghiera e che, in attesa di essere ammessi a sfilare davanti al santo sepolcro, si accalcavano sul sagrato della chiesa.

Col passare degli anni i confratelli, visto anche il successo della processione del Giovedì Santo messa in atto dalla Confraternita di Santa Croce, decisero anch’essi di prolungare la funzione all’esterno della chiesa.

Un documento d’archivio attesta infatti che, negli ultimi decenni del settecento, il “corpo di Cristo” avvolto in un sudario e collocato su una lettiga, veniva portato per le vie del paese nella “solita processione del venerdì santo”.

Dopo l’esperienza dei primi anni, essi si resero tuttavia conto che, per poter competere con la Confraternita di Santa Croce, avrebbero dovuto sobbarcarsi considerevoli spese e pertanto, a partire dal 1791 decisero di organizzare la processione “solamente ogni triennio perché si possa fare più decorosa”.

Ma l’interruzione si protrasse più a lungo del previsto perché nel 1794 arrivarono i francesi che, durante la loro quasi ventennale occupazione, vietarono o limitarono al massimo le processioni religiose.

Passata la bufera rivoluzionaria, la consuetudine venne ripresa con la solita scarsità di mezzi.

Bisognò tuttavia attendere l’arrivo a Boves del parroco don Calandri perché la processione venisse totalmente rinnovata

Il nuovo parroco vedeva infatti in queste manifestazioni l’espressione più genuina di una religiosità popolare che andava salvaguardata con ogni mezzo, anche per dimostrare che il popolo cristiano non intendeva affatto subire la propaganda anticlericale che imperversava nel nostro paese.

Pertanto, negli anni successivi al 1864, la lettiga portata a spalle venne sostituita da un gran carro funebre, decorosamente scolpito e sovrastato da un baldacchino, sul quale venne adagiata “la salma ad immagine del Redentore” di grandezza naturale

Tutto il clero e le varie Compagnie religiose, compresa anche la Confraternita di Santa Croce fino ad allora rigorosamente esclusa, furono invitati a prendere parte alla processione con la propria divisa, i gonfaloni e tutto l’apparato esterno che usavano esibire nelle grandi occasioni.

La solennità della processione impressionò anche il Mottini che, nelle sue Memorie Storiche, ce ne lasciò questa ammirata descrizione: “Quella del venerdì riesce degna di nota pel carattere curioso che assume dal miscuglio di sacro e di profano che la circonda, ed essenzialmente dall’ora tarda in cui ha luogo.

Il numeroso concorso dei membri delle Confraternite, l’intervento della musica, della squadra dei pompieri, del porta bandiera fiancheggiato dalle guardie d’onore, di tutto il clero, il cataletto dorato sul quale giace il Redentore, la gran folla di popolo che tiene dietro mormorando preci, le finestre e i balconi illuminati, tutto ciò costituisce uno strano insieme che impressiona vivamente, e rende ai bovesani questa funzione la più simpatica e cara”.

Ora veramente i Confratelli della Santissima Trinità potevano dirsi soddisfatti dei risultati di un impegno portato avanti per oltre un secolo con la tecnica e l’orgoglio di chi non si rassegna ad una posizione subalterna!


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