Festa patronale di San Bernardo
Il 20 di agosto si celebra la festa patronale di San Bernardo. Questa data rappresentava storicamente uno dei rari giorni in cui la comunità roaschina, costituita in buona parte di pastori dediti alla transumanza, si trovava in paese al completo. I Roaschini, costituiti nell’Ottocento in Confraternita dei pastori (con a capo un priore, la cui carica durava un anno e veniva trasmessa dal priore uscente esclusivamente ad un altro pastore) gestivano attivamente la festa sia sotto l’aspetto organizzativo, sia sotto quello economico. I contadini non avevano possibilità di accedere a tale carica. Il priore e la priora (la moglie) avevano il compito di mantenere in ordine la chiesa, sostituirne gli arredi deteriorati, acquistare talvolta un abito nuovo al parroco e fare offerte cospicue. Accanto ai priori c'erano i massè (massari) due coppie di giovani, una sposata, l'altra no. Anche la carica di massè era riservata ai pastori. In occasione della processione queste figure sfilavano dietro la statua del santo, mettendo così in evidenza il predominio dei pastori nella festa ed esibendo il turciun, un enorme cero alto tre metri, che pesava fino a 25 chili e recava inciso su una targa i nomi del priore e della priora. Questo cero era il simbolo più forte del prestigio vantato dai gratta, una sorta di affermazione morale ed economica che li faceva apparire come i veri protagonisti della festa, e ribadiva il loro controllo su di un centro dal quale erano distanti per la maggior parte dell'anno. Da settembre a maggio i gratta stavano infatti lontani da Roaschia, lasciando la villa "in mano" ai contadini. Quello di priore era un ruolo che conferiva un notevole prestigio a chi lo svolgeva, ma che comportava una spesa non indifferente e innescava un nuovo motivo di competizione tra i pastori. «Era importante fare di più di quello di prima. Si faceva per non passare "piccolo". In paese la gente guarda queste cose. Poi il prete, alla messa, diceva a tutti i lavori fatti con i soldi del priore» (Toni Giraudo). E' interessante notare come i pastori, quando si riferiscono a un contadino di Roaschia, adottano il termine üvernenc, oppure l'espressione "di qui", quasi a sottolineare il loro parziale essere stranieri. I contadini sono "di qui", loro un po' meno. Era quindi forte il desiderio di imporre la loro presenza in modo evidente.