I germanici nel cuneese
Le fonti più antiche relative alla presenza di germani nel territorio dell’attuale provincia di Cuneo si riferiscono alla battaglia di Pollentia che vide lo scontro tra Alarico, re dei Visigoti e Stilicone, generale romano di origine barbara. Il 18 novembre del 401, mentre l’esercito romano di Stilicone era impegnato sul fronte retico, Alarico si era affacciato ai confini orientali dell’Italia con tutto il suo esercito: era l’inizio della guerra gotica. Costretti a rinunciare ad un’azione su Milano a causa della controffensiva delle legioni di Stilicone e fallito l’assedio di Asti, bloccato dalla popolazione stessa riparata dalle possenti mura della città, i Visigoti posero il campo presso Pollentia, alla confluenza dell’antico corso della Stura di Demonte con il Tanaro. Le donne, gli anziani ed i bambini sistemarono le tende su un modesto rilievo roccioso a mezzogiorno dell’attuale città di Bra; tutti gli uomini e la cavalleria si accamparono nella pianura stretta tra il monte di S. Vittoria e i due fiumi. Era il 6 aprile 402, giorno di Pasqua.
Consapevole del fatto che il generale Stilicone li avrebbe raggiunti in fretta e non avrebbe rinunciato a dar loro battaglia, Alarico convocò il consiglio di guerra per decidere con gli anziani circa l’azione militare o eventuali negoziati, ma non pensò che lo scontro fosse imminente, ricorrendo in quel giorno la festività della Pasqua. Le fasi della battaglia ci sono note attraverso le opere di Claudiano, De bello gotico, e Orosio, Historiarum adversos paganos. Le legioni di Stilicone si distesero lungo la cerchia delle colline in maniera da impedire la fuga verso occidente, chiudendo la via delle Gallie ai Goti che avevano la città ed i fiumi alle spalle. L’attacco con la cavalleria fu affidato a Saulo, luogotenente di Stilicone. I Visigoti reagirono dopo un primo momento di smarrimento e riuscirono vittoriosi sulla cavalleria romana; lo stesso Saulo rimase ucciso. Solamente l’entrata in azione della fanteria romana comandata da Stilicone, che fino a quel momento aveva osservato lo svolgimento della battaglia dall’alto delle colline, riuscì a ristabilire le sorti del combattimento. In breve i Visigoti furono accerchiati: da un lato il Tanaro, gonfio d’acqua non offriva alcuna possibilità di guado, dall’altro lato Pollentia, ben difesa dalla sua cerchia di mura. L’unica via che apparve ad Alarico fu quella di Levante, verso il monte di S. Vittoria. E fu in questa direzione che i Visigoti cercarono di forzare l’accerchiamento. Le legioni romane li attendevano sul colle. La battaglia si fece ancora più cruenta ed i Romani riuscirono ad avere la meglio; il grosso delle forze barbare riuscì a superare le linee nemiche solo a tarda notte, passando a guado sulla riva destra del Tanaro e fuggendo verso le alture delle Langhe.
Migliaia di Visigoti furono uccisi e centinaia catturati; tra gli ostaggi risultarono anche la moglie e le nuore di Alarico, il quale riuscì a malapena a sfuggire alla cattura. Nonostante le forti perdite subite, il grosso dell’esercito goto che si stava ritirando poteva ancora rappresentare una minaccia per l’Italia; la cavalleria era uscita quasi indenne dallo scontro. Alcune frammentarie notizie riferiscono della presenza sul valico del Colle dell’Argentera (Maddalena) di alcuni gruppi di goti del re Alarico, nel 402, durante il ritorno in Gallia dopo la sconfitta subita presso Pollenzo. Altri ipotizzano tale passaggio per il Colle di Tenda e per il colle dell’Agnello. La battaglia di Pollenzo si rivelò decisiva, non tanto dal punto di vista tattico, ma da quello strategico, perché obbligava Alarico a rinunciare ad ogni ulteriore velleità offensiva e a concludere un accordo con Stilicone. Anche il generale romano aveva buoni motivi per arrivare al più presto ad una conclusione delle ostilità: le scorrerie dei Visigoti sul territorio italiano, la possibile minaccia all’Urbe, la debolezza del potere imperiale e i contrasti con la corte orientale erano tutti elementi che lo preoccupavano.
Si giunse così ad una trattativa: i Visigoti si sarebbero ritirati dall’Italia, in cambio i Romani avrebbero liberato i numerosi ostaggi catturati a Pollentia.
La guerra gotica volse così al termine. Una seconda vittoria di Stilicone in un breve scontro presso Verona nell’estate del 402 fermò totalmente le aspirazioni del condottiero barbaro che aveva tentato un’ulteriore attacco sulla via della ritirata. I Visigoti, decimati dalla guerra, dalle diserzioni e da una devastante epidemia, abbandonarono l’Italia. Alarico e i suoi sarebbero ritornati nel 410 per attaccare con successo Roma, non incontrando la resistenza del generale Stilicone, caduto in disgrazia. Dopo l’evento bellicoso, Pollentia conobbe una rapida decadenza.
Alcuni centri monastici potrebbero essere sorti nel territorio oggetto di indagine tra i secoli VI e VIII per volere di re longobardi. Si tratta del Monastero di San Pietro di Pagno, dell’Abbazia di San Dalmazzo di Pedona e dell’Abbazia di Villar San Costanzo. Storicamente la nascita di questi centri religiosi si inserirebbe nella “esplosione” di fondazioni monastiche che si manifestò nell’Italia longobarda dovuta a fervore religioso intrecciato ad interessi politici ed economici. Purtroppo le fonti certe sono molto scarse e non aiutano a stabilire con certezza quando sia avvenuta la fondazione di questi monasteri, tranne nel caso del Monastero di Pagno per il quale esiste una ricca documentazione. Le fondazioni di Pagno, Pedona e Villar San Costanzo, ammettendo l’ipotesi che anche le ultime due siano effettivamente di epoca longobarda, avrebbero costituito un sistema organico di controllo dell’area a ridosso delle valli alpine meridionali e delle vie che le percorrevano; la loro funzione sarebbe stata quindi in primo luogo, anche se non esclusivamente, strategica.