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La processione del Gesù rosso

Per i bovesani nati dopo la seconda guerra mondiale gli unici ricordi visivi delle Confraternite sono forse legati alle processioni del Gesù Rosso e del Mortorio di Gesù che si svolgevano le sere del giovedì e del venerdì santo, la prima promossa dalla Confraternita di Santa Croce e la seconda da quella della Santissima Trinità.

Nate in tempi lontani come espressione di una religiosità semplice e radicata nell’animo popolare, finirono per essere soppresse in questi ultimi decenni a seguito delle innovazioni apportate alla liturgia della settimana santa ed in concomitanza con la crisi delle due Confraternite che fece loro mancare il supporto organizzativo.

Il “Mortorio” è sopravvissuto fino alla fine degli anni ottanta, mentre la processione del “Gesù Rosso” fu effettuata per l’ultima volta nel 1974.

Non altrettanto certa è invece la data della loro origine, anche se sono emersi documenti che consentono di risalire a monte della datazione indicata dal Mottini che le considerava “un residuo delle antiche rappresentazioni sacre, che ancora si facevano sul principio di questo secolo nell’antica Chiesa Vecchia”.

Stando a questa ipotesi le due processioni, originate da un unico ceppo, sarebbero state istituite nei primi decenni dell’ottocento.

Tuttavia per quanto riguarda la processione del “Gesù Rosso” si può prospettare un’origine più antica e autonoma all’interno della Confraternita di Santa Croce.

Nata infatti, come ci ricorda lo Statuto “a laude, e gloria, e honore…della sacratissima passione del nostro Signore Gesù Cristo” la Confraternita aveva sempre vissuto il giovedì santo in intensità di  preghiera e con un susseguirsi di funzioni religiose che culminavano con la rievocazione della evangelica “lavanda dei piedi”, nella quale Gesù veniva impersonato da un anonimo confratello che indossava un camice ed un cappuccio rosso.

Per oltre due secoli tutte le funzioni si conclusero all’interno della chiesa di Santa Croce, ma a partire dal 1737 esse trovarono uno sbocco all’esterno nelle vie del paese.

In quell’anno infatti la Confraternita era stata autorizzata ad esporre alla venerazione dei fedeli una statua della Beata Vergine Addolorata.

E da allora, o dagli anni immediatamente successivi, prese avvio la consuetudine di portare solennemente in processione la statua della Madonna dei sette dolori, seguita dal Gesù rosso carico di una pesante croce.

Ufficialmente la processione si svolgeva ad onore della Madonna, ma la figura del Gesù rosso, così suggestiva e ricca di pathos religioso, finì per prendere il sopravvento, tanto che, nell’accezione popolare, essa finì per essere semplicemente chiamata “la processione del Gesù rosso”.

Abolita negli anni della dominazione francese fu ripresa dopo il 1815 ed andò via via assumendo le caratteristiche di una vera e propria “sacra rappresentazione” evocativa del cammino di Gesù verso il Calvario.

Gran parte della popolazione bovesana, che già nel pomeriggio si era riversata nel capoluogo per fare visita alle varie chiese e lucrare il perdono, sul far della sera accorreva lungo il percorso della processione e si univa alle preghiere intercalate dal doloroso canto dello Stabat Mater.

Favorevolmente impressionato da questa manifestazione di fede popolare, il pievano don Calandri, che resse la nostra parrocchia dal 1864 al 1913, si prodigò con ogni mezzo per rendere più suggestiva e solenne la processione del Gesù rosso.

E difatti non solo chiamò a parteciparvi le vari compagnie religiose ma riuscì  anche ad ottenere la presenza dei Confratelli della Santissima Trinità, successo questo di non poco conto considerata la conflittualità, che fino ad allora, aveva caratterizzato i rapporti tra le due Confraternite.

E naturalmente, per diritto di reciprocità, da allora in avanti anche la Confraternita di Santa Croce fu regolarmente invitata a partecipare alla processione del Venerdì Santo.


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