I Romani nel cuneese
All’imbocco della valle Vermenagna si trovava la città romana di Pedona (nel territorio dell’odierna Borgo S. Dalmazzo), fiorente nei primi secoli dell’impero e statio per l’esazione della Quadragesima Galliarum. La città era importante crocevia di traffici commerciali e militari. Da qui si diramavano tre vie alpine: la prima che raggiungeva il mare saliva lungo la Valle Vermenagna e, valicata la catena alpina al Colle di Tenda, proseguiva fino a Nizza. La seconda via alpina verso il mare s’inoltrava invece lungo la valle del Gesso di Entracque spingendosi tortuosa in direzione del Colle di Finestra. Scendeva quindi lungo la Vésubie e raggiungeva Cemenelum (Cimiez) e Nicae (Nizza). Infine, da Pedona, si staccava la terza via alpina, al tempo sicuramente la più importante e frequentata, che, lungo il solco della Valle Stura di Demonte, saliva al Colle dell’Argentera, ora della Maddalena o di Larche.
La città di Pedona dovette rivestire un ruolo non trascurabile ancora in età gota, proprio per la sua posizione strategica di controllo degli assi viari verso la Liguria e la Gallia. Pedona nel secolo VI, benché fosse né ampia di territorio né popolosa d’abitanti, era tuttavia civitas, cioè capoluogo del suo municipium, ed è ricordata per la prima volta in una lettera scritta intorno al 510 e raccolta nelle Variae di Cassiodoro, ministro di Teodorico (Variae, I, 36).
Ferreolo viro spectabili Theodoricus Rex. Utilitas personarum bonarum debet successione renovari, ne defectu servientium patiatur aliquod res suspensa dispendium. Et ideo locum te iubemus quondam Benedicti in Pedonensi civitate ex nostra auctoritate suscipere, ut omnia vigilanti ordinatione procurans, nostrae gratiae merearis augmenta. Debes enim advertere quam vicissitudinem reddere studeamus vivis, qui mortuorum fidem non possumus oblivisci. Illud etiam pietatis nostrae consuetudine commonemur, ut quoniam devotorum nobis memoria probata non deficit, antefati Benedicti quondam filios, qui sincera nobis cognoscitur devotione paruisse, civili facias tuitione vallari, quatenus defensionis praesentis commodo sublevati, et securitatem sibi gaudeant paterna servitia contulisse. Prosit ergo generi, quod potuit unius devotione praestari; quia maiora nos decet tribuere, quam videamur a servientibus accepisse. Haec aequalitas aequitas non est, sed pars nostra iustissime pensat, cum reddendo plus fuerit onerata. |
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A Ferreolo, uomo spettabile, il re Teodorico. Il bene, che fanno le buone persone, deve rinnovarsi nella loro successione, affinché per difetto di buoni impiegati non venga danno allo stato. E perciò ti ordiniamo di prendere per autorità nostra il posto del defunto Benedetto nella città di Pedona, onde tu amministrando ogni cosa con ordine e vigilanza, possa meritare un aumento nel nostro favore. Devi infatti considerare quale gratitudine noi ci studiamo di mostrare ai vivi, mentre neppure dei morti non possiamo dimenticare i fedeli servigi. E perciò secondo l’abitudine della nostra pietà siamo spinti a ordinarti, che siccome non ci abbandona mai la memoria dei nostri devoti, così tu faccia munire della regia tuitio i figli del ricordato Benedetto, che ci fu ubbidiente devoto ufficiale, affinché così, sollevati dal vantaggio di questo privilegio, godano di vedere che i servizi del padre hanno loro fruttato questa sicurezza. Giovi quindi anche ai figli la devozione prestataci dal padre, perché sta bene che la nostra ricompensa si estenda anche oltre il servizio a noi prestato. Questa non è stretta giustizia, ma pure riteniamo il nostro compito ponderare con somma giustizia anche quando sentiamo maggior onere nel retribuire. |
Ciò che risulta è onorevole e gratificante per il re e per il delegato, Benedetto, che sarebbe stato conte a Pedona. Si desume che fu un pubblico ufficiale affezionato al sovrano e al luogo di sua residenza; infatti morì a Pedona e qui lasciava la sua famiglia non ricca e tormentata da qualche pendenza finanziaria in conseguenza di quanto aveva operato il padre per il pubblico servizio. Il re, mentre ricorda la memoria del buon funzionario, manda Ferreolo a sostituirlo, spronandolo ad emulare il predecessore con l’attrattiva della sua riconoscenza e col miraggio di qualche promozione; lo incarica intanto di applicare a difesa della famiglia di Benedetto il privilegio della tuitio regia. Siamo in un’epoca in cui il valore della legge è assai affievolito; vicino al conte per i latini troviamo pure un comes Gothorum, c’è un tribunale militare e un foro ecclesiastico, ci sono immunità e privilegi di casta; quindi in tutte le classi la tendenza all’esenzione, all’immunità, almeno all’equilibrio dei privilegi. La tuitio regia è quindi un privilegio, che sottrae il privilegiato al solito corso dei tribunali ordinari, con l’interposizione del sovrano. Essa aveva origini romane, ma funzionò più spesso nei periodi di decadenza. La tuitio occorre più volte sotto Teodorico e va considerata come un effetto del concentramento dei poteri nelle mani del re e della corsa sempre crescente al regime di privilegio. Intanto con la lettera di Cassiodoro ci sono conservati i nomi di due rispettabili magistrati dell’antica Pedona e d’un onorifico episodio che li riguarda.