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Dal Medioevo al '900

Dopo aver legato il suo destino alle fortune dei liberi comuni di Cuneo e Monteregale (oggi Mondovì), Chiusa entra a far parte del dominio angioino al di qua delle Alpi, finché la complessa realtà politico-militare del Piemonte nel 1344 la costringe a sottomettersi ai marchesi di Ceva, dei quali subisce il dominio feudale anche dopo l’avvento dei Savoia.

Nonostante le devastanti scorrerie delle compagnie di ventura, le carestie e le pestilenze, la cittadina si espande gradatamente.

Ancor oggi si possono ammirare tracce della sua storia nell’impianto urbanistico: il Recinto, le due confraternite e le numerose cappelle campestri, il vecchio palazzo comunale oggi sede di musei con la torre civica del Quattrocento, il palazzo del marchese oggi municipio che accoglie scene dell’Orlando Furioso dipinte nel 1550 dal pittore saviglianese Pietro Dolce, i ruderi dei due castelli di Mirabello.

Nel XVII secolo il feudo finisce nelle mani di Bernardino di Savoia e poi in quelle dei conti Solaro di Moretta, sempre sotto l’alto patronato dei Savoia, della cui politica espansionistica subisce le ripercussioni, spesso negative, come il saccheggio effettuato nel 1744 dalle truppe franco-spagnole (cfr. Botteri e Camilla).

La tranquilla operosità della valle, scelta dal governo per l'impianto di una fabbrica di vetri e cristalli assunta ben presto a rinomanza internazionale per la finezza dei manufatti, nel 1800 viene temporaneamente scossa dal turbine napoleonico, ma ben presto un processo di rinnovamento tecnologico investe ogni settore dell'economia locale.

Pur privo di sbocchi diretti con la Francia e la riviera ligure, il comune sa valorizzare con successo le notevoli potenzialità agricole e zootecniche (castagne, legname, prodotti del sottobosco, latticini, cereali) e artigianali, derivate dallo sfruttamento dell'energia idrica del torrente Pesio (ceramica, fabbriche di stoviglie comuni, filande, falegnamerie, martinetti, mulini).

Uno dei più attivi imprenditori locali, Giuseppe Avena, proprietario della vetreria e di un vasto patrimonio fondiario, trasforma la certosa abbandonata in un albergo termale di fama europea, frequentato da illustri personalità della politica e della cultura, e in una zona collinare incolta nei pressi di Chiusa crea dal nulla lo stupendo castello di Mombrisone in stile neoclassico.

Il crescente flusso migratorio dalle aree prive di adeguate risorse e infrastrutture e la grande guerra dissanguano il comune, a partire dalla montagna, quella stessa che nel periodo della resistenza vede operare con successo una coraggiosa banda partigiana guidata dal capitano Cosa.


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