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Dai Romani ai Signoni di Morozzo

E’ forse con l’arrivo dei Romani che il primitivo villaggio arroccato sul colle Cavanero (attestato dal rinvenimento di urne cinerarie (fot. 1) e di reperti bronzei (fot.2) si trasferisce sulle sponde del Pesio, e precisamente nel Recinto (localmente Rusèt), protetto da alte mura, torricelle difensive e un fossato colmo d’acqua.

Se così fosse, il motivo va ricercato nella possibilità di controllare meglio il traffico e il commercio da e per le Alpi.

Della presenza romana rimanevano una lapide votiva, dedicata a Dianae venanti sacrum, e monete risalenti a Gordiano III (entrambe scomparse, ma segnalate dal Botteri).

Non è neppure accertata la presenza di un reticolo stradale d’importanza strategica, così come è scarsa la documentazione relativa alle incursioni dei Saraceni, fiorenti invece nelle leggende locali, come una graziosa variante della Madonna della Neve (cfr. Caranti, confutato da Piovano).

Agli albori dell’XI secolo il nome della Chiusa compare per la prima volta nei documenti ufficiali, grazie alla sua singolare connotazione geografico-militare, quale possedimento dei signori di Morozzo, gestori per conto del vescovo di Asti di un’ampia porzione del cuneese meridionale (non è accettata da tutti gli storici una precedente denominazione Famulasca, riferibile forse a località limitrofe).


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